lunedì 19 settembre 2016

La Cultura e la corretta Informazione come mezzo per superare le crisi.

E’ da tempo che il mio cuore, la mia coscienza, mi chiedono di scrivere in merito al tema della cultura e del sapere ma la mia mente, in ben altre faccende affaccendata, ha sempre rimandato, ritenendo la cosa non di diretto interesse della rubrica. La scusa, e anche la ragione, che finalmente mi ha convinto di scriverne, è la vicenda del brexit. Non voglio farne assolutamente l’ennesima analisi politica, economica o sociale, non è nel mio interesse e non è questo il luogo, ce ne sono altri, anche in questo sito stesso, dove farle e dove commentarle.

La domanda è: siamo sicuri che la democrazia diretta sia il giusto metodo per risolvere i problemi della nostra società? Il referendum inglese è stato preso come baluardo assoluto della democrazia e della partecipazione democratica del popolo alle decisioni politiche ed economiche di un intero paese. I politici hanno dato una grossa responsabilità al popolo, se ne sono lavati le mani, hanno scaricato la propria incapacità nel risolvere i problemi ad una entità che già sapevano quale risposta avrebbe dato.

Il problema è che non è detto che il popolo sappia cosa vuole e soprattutto se ciò che vuole è giusto per lui. Tutto sta nella cultura; abbandonata ormai a se stessa ed in mano a social network, mass-media, millantatori, profittatori e sciacalli. Una cultura snobbata dai ricchi e sconosciuta ai poveri, relegata in polverose biblioteche, laboratori e poche università di alto livello.

Più vivo i giorni di questa nostra epoca più mi domando che fine stia facendo la cultura, un’epoca, una società che abbandona le scuole, togliendo loro risorse, abbandona gli insegnanti tagliando stipendi e propinando esami impossibili da superare per far entrare meno gente possibile nelle strutture, uno stato che investe in armi e guerre e lascia soli scuola ed università, che licenzia insegnanti e che rende il loro lavoro sempre più precario, una società che toglie risorse alle università, ai centri di ricerca ed ai giovani ricercatori. Un’epoca in cui i giovani non sono stimolati a studiare, sottomessi a professori anziani in aria di pensione e bombardati da messaggi e  notizie errate o distorte.

Siamo sempre più ignoranti e la colpa non è solo del governo ma è anche e soprattutto nostra. La volontà deve partire da noi; siamo noi che dobbiamo impegnarci a studiare e ad informarci correttamente, se la scuola non funziona, ci sono altri mille modi per accedere alla cultura, basta saper selezionare le fonti giuste, ragionare con la propria testa e crearci la nostra cultura.

Il referendum inglese è il risultato della mancanza della cultura, del dilagare di notizie false, di allarmismi esagerati, di paure, di titoli di giornali scritti solo per vendere più copie e di tutta una seria di notizie bufala.
I politici corrotti e inutili, i cospiratori, i complotti intorno al gruppo builderberg, le scie chimiche e simili, sono il risultato della carenza di cultura, intesa come sapere e saper ragionare, in maniera autonoma e cosciente. Non è colpa della casta, non è colpa della destra, della sinistra, del governo e neppure del calcio, ma solo e solamente nostra, di noi popolo che, ingenui ed “ignoranti” ci lasciamo prendere per il naso da chi, munito di una punta di furbizia, sfrutta a pro suo questa nostra debolezza.

Insomma, se vogliamo fare la rivoluzione, non c’è bisogno di scendere in piazza e neppure distruggere tutto, basta solo studiare a partire dalla storia e farsi una cultura, leggere libri e riviste serie, ascoltare e confrontarsi in maniera corretta e rispettosa.

Ovviamente questa è una opinione, condivisibile o meno. E’ un atto di libertà  di espressione effettivo, dove scienza e coscienza hanno adeguatamente filtrato le emozioni, le paure e le passioni che hanno costruito questo  pensiero. Potrebbe non essere condivisibile e forse neppure scientificamente dimostrabile, tuttavia preferisco leggere su internet e sui giornali, atti di coscienza come questo piuttosto che le solite notizie false, distorte, ingannevoli e profittatrici che menti furbe e ingannevoli pubblicano solo per guadagnare qualche spicciolo sulla altrui ignoranza.

(Fonte: Articolo tratto da una mia rubrica che tengo su LF Magazine e che ripubblico quì per continuare a sostenere questi concetti)


COSA E' IL 5G?

giovedì 15 settembre 2016

Sarà installato al CINECA di Bologna il supercomputer del CNR.

Si chiama “Marconi” e verrà installato al Cineca, il più grande centro di calcolo italiano.

Si tratta di un supercomputer che, con una potenza di calcolo molto elevata, consentirà alla comunità scientifica di effettuare ricerche sulla medicina di precisione, la fisica fondamentale, i nuovi materiali, il cambiamento climatico, con l’obiettivo, tra l’altro, di non superare il limite di 3 megaWatt di assorbimento elettrico.

“Con questo piano – ha affermato il presidente Emilio Ferrari – il Cineca riconferma la propria missione istituzionale di infrastruttura digitale di eccellenza per il calcolo e i Big Data a disposizione della ricerca scientifica e dell’innovazione tecnologica”.

Il supercomputer è co-designato dal Cineca sulla piattaforma NeXtScale di Lenovo e equipaggiato con la famiglia di processori Intel Xeon. Il piano complessivo, che si concluderà nel 2020, prevede un investimento di 50 milioni in due fasi. Fino all’anno prossimo si raggiungerà una potenza di calcolo di 20 Pflop/s e una memoria di 20 PetaByte. 

Dal 2019 comincerà la seconda fase per raggiungere i 50/60 Pflop al secondo.
“Mettendo a disposizione i più potenti sistemi di supercalcolo consentiremo ai ricercatori di affrontare le grandi sfide scientifiche e socioeconomiche del nostro tempo, dalla medicina di precisione al cambiamento climatico, dalla fisica fondamentale ai nuovi materiali. Supercalcolo e Big Data analitycs sono strumenti indispensabili per la scienza computazionale e data driven della ricerca nazionale e internazionale”, ha dichiarato Sanzio Bassini, Direttore del Dipartimento Supercalcolo e Innovazione del Cineca.
“Non possiamo che essere orgogliosi, sia come azienda sia come team italiano, di essere stati scelti da Cineca per un sistema di enorme rilevanza scientifica nazionale e internazionale” ha dichiarato Mirko Poggi, Amministratore Delegato di Lenovo Italia. “Riteniamo questa realizzazione particolarmente importante per riconfermare l’impegno di 

Lenovo come fornitore di soluzioni innovative per i Data Center” ha affermato Alessandro De Bartolo, Country Leader del Data Center Group (DCG), Lenovo Italia. “Siamo pronti a fare tutti i passi necessari per garantire la migliore prestazione computazionale ed energetica possibile dell’architettura che sarà realizzata in Cineca, a vantaggio della vasta comunità 

che se ne servirà” ha aggiunto Marco Briscolini, responsabile del segmento High Performance Computing in DCG, Lenovo Italia.

“Siamo entusiasti di offrire i vantaggi di Intel Scalable System Framework alla comunità del Cineca, costituita da ricercatori e data scientist d’eccellenza. L’architettura offre un design bilanciato necessario per affrontare le sfide estreme poste sia dall’High Performance Computing che dall’analisi dei big data”, ha dichiarato Carmine Stragapede, Direttore Generale di Intel Italia.

Il Cineca, il Consorzio interuniversitario per il calcolo con sede a Bologna, è costituto da 70 università, 5 enti pubblici di ricerca e il Ministero per l’Istruzione, l’Università e la Ricerca (Miur).

(fonti: Cineca, Ansa, Sole24ore, dmit.it)

mercoledì 14 settembre 2016

Goloso di Caffè? merito del tuo DNA. Lo dice uno studio.

Il caffè è una delle bevande più consumate al mondo ed è una delle fonti primarie di caffeina.

Non è un segreto che le abitudini dei bevitori di caffè siano diverse. Alcuni individui non ne hanno mai abbastanza, altri si limitano a una sola tazzina al giorno o non bevono affatto.

Le variazioni genetiche hanno un impatto sul nostro organismo nell'assimilare la caffeina
Gli scienziati sembrano aver scoperto che le variazioni genetiche hanno un impatto sul nostro corpo nell’assimilare la caffeina, questo elemento potrebbe influenzare le nostre abitudini di assunzione di questa stimolante bevanda.

I ricercatori ipotizzano che questa variazione sia in grado di rallentare l’assorbimento da parte del corpo della caffeina, inducendo le persone con tale variante a bere di meno.

Il DNA delle popolazioni a confronto (Italia)
I ricercatori hanno esaminato la struttura genetica di 370 persone che vivono in un piccolo centro del sud Italia e hanno confrontato i risultati con il DNA di 843 persone che vivono in città del nord-est del Paese. Oltre ad essere genotipizzati (genotipizzazione, metodo per determinare il profilo genetico di uno specifico numero di persone), i partecipanti hanno completato un sondaggio in cui era prevista una domanda sul numero di caffè bevuto ogni giorno.

Il team ha trovato che i soggetti con la variazione PDSS2 hanno bevuto una media di circa una tazza in meno ogni giorno.

Il DNA delle popolazioni a confronto (Paesi Bassi)
Quando gli scienziati hanno ripetuto i test con un campione di 1.731 persone nei Paesi Bassi, hanno avuto dei risultati simili. I partecipanti con la variazione genetica bevevano meno caffè, anche se la differenza – misurata in numero di tazze consumate – è stata inferiore rispetto al effettuato sugli individui italiani.

Il divario tra il consumo italiano e quello olandese sembra essere attribuibile alle dosi differenti di caffè: in Italia le persone bevono il caffè in tazze piccole mentre gli olandesi preferiscono tazze più grandi che contengono generalmente più caffeina.

«Ritengo che questo studio rafforzi l'idea che la genetica giochi un ruolo molto importante per quanto riguarda le nostre abitudini quotidiane e i nostri stili di vita, la genetica applicata alla vita quotidiana ci sta aiutando non solo a sapere in che modo si comportano le persone, ma anche perché; questo ci permetterà di capire come agire sulle persone» scrive Pirastu.

«In questo caso specifico i risultati sembrano rafforzare l'idea che la caffeina è probabilmente il principale elemento chiave biologico per quanto riguarda il consumo di caffè».
 
Prima del recente studio altri ricercatori avevano trovato un legame tra la quantità di caffè che beviamo e il nostro codice genetico.

Uno studio molto più grande è stato condotto nel 2014 analizzando il DNA di 120.000 persone, in tale occasione i ricercatori scoprirono che le varianti genetiche sono in grado di moderare l'assunzione di caffè da parte delle persone in base all'efficienza dell’organismo nel metabolizzare la caffeina in modo da ottenere l'effetto ottimale dalla bevanda.

Per confermare tali risultati saranno necessarie ulteriori ricerche, «ciò che ci spinge ad assumere caffè è qualcosa di integrato nei nostri geni. Abbiamo bisogno di compiere studi più grandi per confermare la scoperta e anche per chiarire il legame biologico tra PDSS2 e il consumo di caffè» scrive Pirastu. Riuscire a comprendere bene il legame esistente tra il caffè e il nostro DNA potrebbe rappresentare un elemento importante per la nostra salute.

Uno "Scudo" di metamateriali per proteggerci dai terremoti.

Recentemente un gruppo di ricercatori ha proposto un nuovo approccio per affrontare il problema. In un articolo pubblicato recentemente sulla rivista New Journal of Physics, gli scienziati hanno analizzato la fattibilità di una strategia di isolamento passivo dalle onde sismiche basata sull’utilizzo di metamateriali meccanici di grande scala, analizzando simulazioni numeriche della propagazione di vari tipi di onde sismiche (di superficie e guidate), tenendo conto anche di effetti di dissipazione del suolo.

I metamateriali — strutture artificiali che presentano straordinarie proprietà vibrazionali — potrebbero venire in soccorso delle zone minacciate dai terremoti. Il comportamento vibrazionale di questi materiali è fondamentalmente controllato dalla loro struttura, piuttosto che soltanto dai materiali di cui sono composti.

Attualmente le grandi strutture quali ponti e gli edifici come i grattacieli sono protetti contro i terremoti grazie all’utilizzo di strategie di isolamento dalle vibrazioni che prevedono sistemi installati nelle fondamenta. Tuttavia questi approcci sono impossibili da implementare su strutture esistenti come gli edifici storici e sono efficaci solo su una singola struttura.

La schermatura degli edifici vulnerabili attraverso l’impiego di "scudi" di metamateriali (materiali sintetici compositi che inibiscono la propagazione delle onde sismiche in arrivo attraverso effetti di interferenza) potrebbe contribuire a proteggere un'area molto più ampia senza alcuna modifica diretta agli edifici esistenti in essa.

La realizzazione più semplice di scudo sismico proposto dal team implica di scavare nel suolo 3-4 file di cavità a forma di croce spaziate opportunamente.

«Le dimensioni esatte dipenderanno dal tipo di suolo e dall’intervallo di frequenza dello scudo» scrive Marco Miniaci ricercatore presso l’Università di Torino e il LOMC (Laboratoire Ondes et Milieux complexes) dell’Università di Le Havre, Francia.

«In caso di suoli sabbiosi ed eccitazioni sismiche a bassa frequenza, la larghezza, la spaziatura e la profondità delle cavità (che dovrebbero essere rivestite di uno strato di calcestruzzo per impedire il collasso del terreno circostante), potrebbero raggiungere 10 metri» aggiunge il ricercatore.

Per estendere le prestazioni della struttura protettiva, i ricercatori propongono di aggiungere un numero di cavità cilindriche risonanti più piccole di circa 2 m di diametro. Inoltre possono essere eseguite ulteriori modifiche. Riducendo le dimensioni e spaziatura delle cavità le proprietà dello scudo potrebbero essere indirizzate verso problemi simili che si verificano a frequenze più elevate.

Gli scenari includono la prevenzione delle vibrazioni in prossimità delle reti ferroviarie ad alta velocità o linee tranviarie. La protezione contro le esplosioni potrebbe essere un'altra potenziale applicazione.

«I prossimi passi dovrebbero implicare l’esecuzione di prove sperimentali attraverso l’utilizzo di modelli in scala presso laboratori specializzati nel settore della geotecnica sismica e nell’analisi delle vibrazioni» scrive Miniaci. «Questo potrebbe fornire una convalida aggiuntiva delle strutture proposte e aiutare a portare ad ulteriori passi avanti in questo settore».

Al progetto partecipano altri ricercatori: Anastasiia Krushynska e Federico Bosia dell'Università di Torino, Nicola Pugno dell'Università di Trento, della FBK (Fondazione Bruno Kessler) Trento e della Queen Mary University of London.

martedì 13 settembre 2016

Per una Internet davvero di tutti, la sola tecnologia non basta!

Internet ha avuto uno sviluppo eccezionale negli ultimi anni e i social network e i dispositivi mobili "intelligenti" hanno amplificato enormemente  l'espansione della rete. Tuttavia vi sono ancora delle zone del mondo che ancora non hanno l'accesso oppure questo non è sufficientemente stabile o veloce.

I grandi operatori internet come Apple, yahoo, google e perfino Facebook stanno tentando, con risultati differenti, di portare l'accesso nelle zone dove questo manca.

Tuttavia, la strada potrebbe essere ancora più complicata la situazione.
In uno studio pubblicato su "Science", un team dell'università di Zurigo ha analizzato un enorme campione di dati che percorrono giornalmente la rete ed ha scoperto, grazie anche ad un nuovo sistema di geolocalizzazione degli utenti, unna infinità di sotto reti non connesse ad internet.

La buona notizia è che l'accesso a internet, in generale, è migliorato per tutti in questi ultimi 8 anni. Ma è migliorato molto di più per coloro che vivono nei paesi democratici, e alcuni gruppi se la sono cavata molto meglio di altri.

I luoghi dove i gruppi, politicamente esclusi, vivono tendevano ad essere i luoghi stessi in cui le connessioni internet erano i più scarse. Il risultato netto è che i gruppi politicamente esclusi avevano una connettività internet il 30% in meno rispetto ad altri nel proprio paese.

Il team ha effettuato un'analisi statistica di altri fattori di sviluppo delle infrastrutture generali, la povertà, la distanza alla capitale, robustezza del terreno, e l'urbanizzazione. Grazie a queste analisi hanno scoperto che la  qualità e la quantità delle connessioni è direttamente proporsionale alla quantità e qualità delle infrastutture, alla distanza del territorio da capitali importanti, dalla solidità finanziaria e governativa del territorio analizzato.

I risultati sono "in contrasto con un sacco di retorica che si sente sulla tecnologia di liberazione", dice Marshall Burke, economista presso la Stanford University di Palo Alto in California. Si chiede come la connettività internet sia cruciale per il potenziamento politico, in particolare nel mondo in via di sviluppo.

"Forse tutto ciò che serve è un paio di persone con accesso a internet per conoscere un particolare tipo di risentimento." Quindi il passo successivo è quello di misurare l'impatto del divario di internet utilizzando esperimenti naturali. Se l'accesso delle persone ai computer on-line influenza i risultati delle elezioni o la frequenza di disordini politici, per esempio, allora sarebbe dimostrato che il vecchio adagio è più vero che mai: L'informazione è davvero potere.

Occorre quindi un sostanziale potenziamento non solo delle strutture tecnologiche ma anche e sopratutto un potenziamento sociale, economico e culturale per permettere una corretta penetrazione dell'accesso ad internet delle persone.

lunedì 12 settembre 2016

Uno studio sul DNA svela l'evoluzione del lieviti della birra.

La storia della birra ha accompagnato fin dall'antichità l’evoluzione della civiltà umana, ma non solo: anche le materie prime impiegate come ingredienti sono state plasmate per rispondere alle nuove esigenze di consumo. Nel corso dei secoli, infatti, l’uomo ha selezionato i cereali migliori per la produzione della bevanda, individuando quelli con caratteristiche più performanti, ha creato nuovi ibridi e varietà, ha addomesticato il luppolo per la funzione amaricante e conservante e ha messo a coltura altri vegetali impiegati spesso come ingredienti aggiuntivi o succedanei.

Anche i lieviti, seppur invisibili ad occhio nudo e difficili da comprendere e studiare prima dell’avvento delle nuove tecniche di indagine microbiologica, hanno subito un importante effetto di pressione selettiva delle popolazioni a causa dello sviluppo delle tecniche di produzione della birra e, più in generale, delle bevande fermentate.

Grazie alle tecniche più avanzate di mappatura del Dna  siamo oggi in grado di capire come si sono evoluti  questi lieviti.  La rivista Molecular Biology and Evolution ha pubblicato  una ricerca  coordinata da Chris Todd Hittinger dell’Universita’ americana Wisconsin-Madison. I ricercatori hanno analizzato il Dna del  Saccharomyces eubayanus che,  insieme con il Saccharomyces cerevisiae, viene usato per produrre la birra Lager, la più bevuta nel mondo.  La ricostruzione dell’ evoluzione genetica del lievito ha mostrato che per ben due volte è avvenuto un incrocio fra i lieviti S. cerevisiae e S. eubanyus.  Questo matrimonio, fa notare Hittinger, è altamente improbabile fra due specie che sono geneticamente diverse tra loro quanto gli esseri umani e gli uccelli.

Kevin Verstrepen e colleghi dell'Università di Leuven, in Belgio, sulla rivista “Cell” ricostruiscono l'albero filogenetico dei lieviti con particolare riferimento al lievito di birra.

Verstrepen e colleghi hanno sequenziato i genomi di 157 ceppi di lievito utilizzati per produrre, birra, vino, liquori, sake, pane e bioetanolo. Dalle analisi è risultato che il lievito industriale usato oggi deriva tutto da pochi ceppi ancestrali, che si evolsero in cinque grandi gruppi, differenziandosi poi a seconda del loro uso industriale e dei confini geografici.

I ceppi utilizzati per produrre birra in Belgio e Germania, per esempio, sono strettamente imparentati, ma separati da quelli del Regno Unito e degli Stati Uniti.


“Quando i primi utilizzatori dei lieviti ottenevano una buona fermentazione, erano abbastanza intelligenti da raccogliere il sedimento per riutilizzarlo per la produzione successiva, anche se ovviamente non avevano alcuna idea di che cosa vi fosse dentro”, ha spiegato Verstrepen. “Riutilizzando i microbi per produrre la birra, hanno separato completamente i lieviti dalla natura: i lieviti hanno continuato a evolvere in un ambiente artificiale”.

I ricercatori hanno scoperto anche alcuni schemi genetici legati alla domesticazione del processo.
"Il lievito selvatico può riprodursi sessualmente durante i periodi di scarsità di
risorse o di stress, ma oggi il lievito di birra ha perso questa capacità: ha mantenuto funzionali solo i geni per la riproduzione asessuata, probabilmente per le più favorevoli condizioni di vita: sono diventati praticamente sterili”, ha aggiunto Verstrepen.

In particolare, i ricercatori hanno trovato le prove dell'amplificazione dei geni coinvolti nel metabolismo degli zuccheri della birra, e della selezione contro la produzione di 4VG, un composto aromatico poco piacevole che viene prodotto dai lieviti naturali.

“Per quanto ne sappiamo, non esiste vantaggio selettivo nella soppressione della produzione di 4VG”, ha concluso Verstrepen. "Semplicemente, qualcuno avrà detto: 'ha un buon sapore, lo useremo ancora". I lieviti del vino, invece, mostrano una resistenza al rame, che veniva usato per combattere le infezioni fungine nelle vigne e finiva nei grappoli d'uva.

(fonti: Le Scienze, altri)

giovedì 8 settembre 2016

Onde Gravitazionali: simulata per la prima volta collisione tra buchi neri.

Dopo quanto tempo la fusione tra due buchi neri supermassicci al centro di due galassie porta all’emissione di onde gravitazionali, come quelle captate per la prima volta nel settembre 2015 dalle Collaborazioni LIGO e VIRGO? Un team internazionale di scienziati dell’University of Zurich, dell’Institute of Space Technology di Islamabad, dell’University of Heidelberg e della Chinese Academy of Sciences ha provato a rispondere a questo quesito, simulando una collisione tra galassie.

In una ricerca pubblicata su The Astrophysical Journal, il team di studiosi, coordinato dall’University of Zurigo, ha calcolato che occorrono circa 10 milioni di anni dall’inizio dell’abbraccio fatale tra le due galassie, perché il fenomeno produca le increspature dello spazio-tempo previste un secolo fa dalla Teoria della Relatività Generale di Einstein. Nel loro studio i ricercatori hanno simulato, attraverso l’uso di supercomputer, la collisione tra due galassie vecchie di 3 miliardi di anni, con al centro buchi neri di circa 100 milioni di masse solari.

"Il risultato è stato sorprendente - commenta Lucio Mayer, dell’Institute for Computational Science dell’University of Zurich -. La fusione tra i due buchi neri ha prodotto le prime onde gravitazionali dopo 10 milioni di anni, circa 100 volte più rapidamente, quindi, di quanto ipotizzato finora".

La simulazione ha richiesto più di un anno ed è stata condotta in Cina, a Zurigo, e ad Heidelberg. "I nostri calcoli - conclude Mayer - consentono di effettuare robuste previsioni sul tasso di fusione tra buchi neri supermassicci nei primi stadi di vita dell’universo". Secondo gli autori, lo studio potrebbe dare un prezioso contributo alla messa a punto della missione eLISA dell’ESA. Una missione che nei prossimi vent’anni consentirà agli scienziati di catturare le onde gravitazionali direttamente dallo spazio.

(fonti: Republica, ASI, The Astrophisical Journal)